Gioielli cinesi: l’arte orafa del Celeste Impero
Parlare di gioielli cinesi richiama subito alla mente i fasti imperiali dell’antica Cina, in particolare durante la dinastia Ming (1368-1644). In questo lungo periodo di fioritura artistica e culturale, infatti, videro la luce la Grande Muraglia e il Palazzo imperiale di Pechino, si perfezionò l’arte della porcellana e divenne più raffinata la lavorazione dei gioielli. Protagonista indiscussa, fin dalle origini, fu la giada, il simbolo dell’arte orafa cinese.
La tradizione della giada nei gioielli cinesi
“L’oro è prezioso, ma la giada è inestimabile”, recita un antico proverbio cinese. La giada è una pietra dura, di colore verde, utilizzata in Cina già nella preistoria: i primi manufatti in giada risalgono al 3400 a.C. In questo periodo furono prodotti oggetti rituali come il cong, un vaso di forma quadrata all’esterno e a sezione circolare all’interno, e il bi, a forma di disco; entrambi sono stati ritrovati nelle tombe di defunti di alto rango.
Si lavorava la giada anche per creare ciondoli e amuleti che riproducevano animali come pesci e uccelli e, grazie alla sua durezza, per realizzare armi da taglio. Durante la dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.) si usava seppellire gli imperatori e i funzionari più importanti con abiti composti da piastrine di giada, unite da un filo d’oro o d’argento.
Per i cinesi, infatti, la giada rappresentava la forza, la saggezza e il coraggio ed era quindi simbolo di immortalità. Il filosofo Confucio attribuiva a questa pietra 11 virtù: benevolenza, giustizia, correttezza, verità, credibilità, musica, lealtà, cielo, terra, moralità e intelligenza. Una delle divinità principali della religione taoista è l’Imperatore di Giada, considerato anche sovrano del paradiso. Per questo motivo la giada era considerata la pietra degli dei e quindi degli imperatori.
Durante l’epoca della dinastia Ming, anche l’oreficeria, come le altre arti, conobbe un periodo di grande splendore. Si perfezionarono le tecniche di lavorazione dei metalli e i gioielli cinesi divennero così più raffinati, grazie all’aggiunta di pietre preziose e a decorazioni elaborate.
Fermagli, pendenti e collane: i ricchi gioielli cinesi dell’età Ming
Nella creazione dei monili si cominciò a fare largo uso di oro e argento e di altre gemme, in aggiunta alla giada, tra le quali turchese, corallo e perle d’acqua dolce. I gioielli di questo periodo mostrano innanzitutto l’abilità degli artigiani orafi nell’uso di tecniche come la granulazione, la filigrana e il traforo. I temi decorativi più apprezzati e ricorrenti erano collegati all’impero: il dragone, che rappresentava la forza e la saggezza ed era simbolo dell’imperatore, e la fenice, uccello mitologico simbolo di grazie e femminilità e quindi associato all’imperatrice. Altre decorazioni richiamavano il mondo naturale, come uccelli e altri animali, nuvole, fiori e foglie.
I gioielli cinesi più importanti per le donne erano quelli che ornavano i capelli, che, essendo la parte del corpo umano più in alto, per la tradizione cinese era quella più vicina agli dei. Le forcine che raffiguravano la fenice erano molto in voga tra le dame di corte per decorare le acconciature, ma erano apprezzati anche altri fermagli, diademi e tiare.
Nobili e cortigiani, invece, indossavano pendenti e collane, spesso molto pesanti ed elaborate, arricchite con grosse pietre preziose. Successivamente le collane, sia per gli uomini che per le donne, divennero più leggere, composte da fili di perle e altre gemme che si incrociavano in un medaglione centrale.
I gioielli cinesi dell’epoca Ming sono i protagonisti della mostra “L’Oro dei Ming: Fasto e Bellezza della Cina Imperiale” in corso a Parigi, al Museo Guimet, fino al 13 gennaio 2025. La mostra si propone di far conoscere al grande pubblico l’arte orafa di quel periodo, spesso poco nota, attraverso una vasta collezione di gioielli e altri oggetti preziosi.